Licenziamento illegittimo: si prescinde dall’anzianità

Posted on Gennaio 24, 2019 in Diritto del lavoro | 0 comments

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Il Tribunale di Genova, sezione lavoro, con ordinanza del 21 novembre 2018 ha sanzionato un licenziamento invalido con la massima indennità a prescindere dall’anzianità di servizio.

Si cominciano quindi a far sentire nella giurisprudenza di merito gli effetti della  sentenza della Corte costituzionale n. 194/2018 (v. qui), che ha in parte modificato il regime delle tutele avverso il licenziamento illegittimo.

Come noto, il D.lgs. 23/2015 (facente parte del c.d. Job Act) stabiliva, salvo particolari casi ritenuti particolarmente gravi (es. licenziamento discriminatorio, verbale, assenza del fatto materiale contestato), che il recesso illegittimo fosse punito con una indennità crescente in ragione dell’anzianità di servizio.

Anche dopo le modifiche apportate dal c.d. Decreto Dignità (che ha innalzato i limiti minimi e massimi dell’indennità – v. art. 3, D.l. 87/2018), la quantificazione rimaneva legata agli anni di servizio.

In particolare:

  • nelle aziende che occupano oltre 15 dipendenti il licenziamento, in generale, è (o meglio era) sanzionabile con un’indennità pari a due mensilità di retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr per ogni anno di servizio, con un minimo di  6 ed un massimo di 36 mensilita’;
  • nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il licenziamento è (era) sanzionabile con una indennità pari ad una mensilità per ogni anno di servizio con un minimo di 3 ed un massimo di 6.

Tale meccanismo è stato introdotto per poter, fra l’altro, assicurare una maggiore prevedibilità nella quantificazione del risarcimento, diminuendo l’area di discrezionalità della magistratura in materia.

La Corte costituzionale, tuttavia, nel settembre del 2018 (motivazioni depositate in data 8 novembre) ha bocciato le c.d. tutele crescenti, giacchè la quantificazione dell’indennizzo dovuto al dipendente rimaneva ancorato esclusivamente all’anzianità di servizio, meccanismo da ritenersi  contrario al principio di uguaglianza e di ragionevolezza.

Ne segue che, nell’ambito dei minimi e massimi sopra riferiti, il giudice può  determinare l’indennizzo sulla base di parametri aggiuntivi, peraltro già presenti in altre norme lavoristiche, come le dimensioni dell’impresa, i livelli di occupazione, la condotta e la condizione delle parti in causa.

Il Tribunale genovese, richiamando tali principi, ha liquidato ad una lavoratrice licenziata illegittimamente  l’indennità nella misura massima prevista dal Dlgs 23/2015 per le piccole imprese (sei mensilità).

Per la quantificazione il Giudice non si è basato sugli anni di durata del rapporto, ma ha dato primario rilievo alle  rilevanti competenze professionali della dipendente (capo redattore) ed alle “gravi violazioni che avevano caratterizzato il recesso”. Il primo elemento richiama la condizione della ricorrente, il secondo è riconducibile alla comportamento concreto del datore di lavoro.

L’ordinanza in commento costituisce prova della nuova discrezionalità acquisita dalla Magistratura del lavoro in materia di determinazione del risarcimento del danno per licenziamento illegittimo.

Dalle tutele crescenti alle tutele…variabili.

Vittorio Lepri

all. Trib_Genova_21_11_2018

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