Il contratto a termine dopo il decreto dignità

Posted on Novembre 9, 2018 in Contratto a termine, Diritto del lavoro | 0 comments

contratto a termine

 

Il contratto a termine (a tempo determinato) è stato oggetto di continue modifiche legislative soprattutto negli ultimi anni.
L’attuale disciplina è contenuta nel d.lgs. 81/2015 (C.d. codice dei contratti), come integrato dal recente  “decreto Dignità” (d.lgs. 87/2018, poi convertito con modificazioni da L. 96/2018).

Dato il susseguirsi delle discipline quanto di seguito esposto vale solo per i contratti stipulati dal  1 novembre 2018.

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Il d.l. 87/2018 e la successiva legge di conversione (n. 96/2018) hanno generato 4 diversi regimi di tutela in poche settimane: a) fino al 13/7/2018 hanno operato le disposizioni originarie contenute nel d.lgs. 81/2015; b) dal 14/7/2018 all’11/8/2018 hanno avuto efficacia le modifiche introdotte dal decreto dignità (n. 87/2018) nella sua formulazione originaria; c) dal 12 agosto 2018 sono entrate in vigore le modifiche al decreto dignità contenute nella legge di conversione n. 96/2018 che, fra l’altro, ha disposto il rinvio dell’obbligo di inserire le causali in caso di proroga o rinnovo sino al 31 ottobre 2018; d) a partire dal 1/11/2018 tutte le nuove norme sono entrate in vigore.

Deve anzitutto ricordarsi che il contratto a termine costituisce “eccezione” alla “regola” secondo cui il contratto di lavoro è a tempo indeterminato.
La legge, infatti, dispone esplicitamente che il contratto a tempo indeterminato è la “forma comune del rapporto di lavoro” (art. 1, D.lgs. 81/2015).

La stipula di un contratto a termine è quindi sottoposta a specifiche condizioni che andiamo ad analizzare.

 

Forma

L’apposizione del termine richiede la forma scritta. 

Una copia dell’atto deve essere consegnata al lavoratore entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.

Se il termine non è apposto in forma scritta esso è inefficace e il rapporto si converte in vincolo a tempo indeterminato fin dall’origine.

L’atto scritto deve altresì richiamare il diritto di precedenza e, ove necessario, i motivi che legittimano la stipula (v. sotto).

Eccezione: non è richiesta la forma scritta per i rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni.

E’ importante sottolineare la necessità che il contratto a termine sia sottoscritto dal dipendente prima o contestualmente all’inizio del rapporto. La mera consegna dell’atto, infatti, non può integrare accettazione del contenuto senza la firma dell’interessato (sul punto v. di recente Cass. 2774/2018)

 

Durata del contratto 

L’attuale disciplina autorizza l’apposizione di un termine finale senza specificazione del motivo solo se il contratto ha durata fino  a 12 mesi. Detto altrimenti il contratto a termine è “libero” se ha una durata non superiore a 12 mesi.
Se si intende sottoscrivere un contratto di durata maggiore è necessario specificare una fra le seguenti causali:
1) esigenze temporanee ed oggettive estranee all’ordinaria attività ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
2) esigenze connesse ad incrementi temporanei significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

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Come è evidente la formulazione delle causali apre facilmente la strada al contenzioso e costituisce un freno alla stipulazione di contratti a termine di durata superiore a 12 mesi.

Qualora le parti stipulino un contratto di durata superiore a 12 mesi ma non specifichino  le causali ora dette, il contratto si trasforma in rapporto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di 12 mesi.

 

Durata massima

Il contratto a termine non potrà avere una durata superiore ai 24 mesi. In caso di violazione si trasforma in rapporto a tempo indeterminato dalla data del superamento.

Sussiste una eccezione: è possibile stipulare un ulteriore contratto di durata massima 12 mesi presso l’ITL (Ispettorato territoriale del lavoro).

 

Successione di contratti

Se il lavoratore sottoscrive con lo stesso datore di lavoro piu’ contratti a tempo determinato per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, la somma dei periodi di lavoro non può superare i 24 mesi.

Fanno eccezione le attività stagionali e le diverse disposizioni contenute nei contratti collettivi (anche aziendali) che possono prevedere periodi anche più lunghi.

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Per “contratti collettivi” devono intendersi sia quelli nazionali che territoriali che aziendali sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative o dalle rsa o rsu (v. art. 51, d.lgs. 81/2015).

Nel conteggio si tiene conto anche dei periodi di lavoro in somministrazione a tempo determinato (c.d. missioni) fra i medesimi soggetti e per mansioni di pari livello.

La violazione del termine di 24 mesi determina la trasformazione del rapporto in tempo indeterminato dalla data del superamento.

 

Continuazione

Fermo il limite di durata massima di cui abbiamo detto, se il contratto di lavoro continua fra le parti dopo la scadenza del termine il datore è tenuto ad una maggiorazione della retribuzione nella seguente misura:

  • 20% della retribuzione per ogni giorno di continuazione fino al 10°;
  • 40% della retribuzione per ogni giorno successivo fino al 30°.

Se il lavoro prosegue oltre il 30° giorno (in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi) ovvero oltre il 50° giorno (negli altri casi) il rapporto si trasforma in lavoro a tempo indeterminato dalla scadenza di tali termini.

 

 

Divieti

Il contratto a termine non può essere stipulato:

  • per sostituire lavoratori in sciopero;
  • presso unità produttive ove, nei 6 mesi precedenti, sono stati attuati licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti a mansioni oggetto del contratto. Fa eccezione il caso di sostituzione di altri lavoratori (es. maternità) o contratti di durata iniziale non superiore a 3 mesi;
  • presso unità produttive ove sia in atto la Cig (Cassa integrazione guadagni) sempre con riferimento a lavoratori che svolgano le stesse mansioni cui si riferisce il contratto a termine.
  • quando il datore di lavoro non ha effettuato la valutazione dei rischi imposta dalla disciplina a tutela della sicurezza dei lavoratori (art. 20 d.lgs. 81/2015).

In caso di violazione dei divieti il contratto a termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di stipula.

 

Rinnovo

Il rinnovo è la stipula di un nuovo rapporto fra il medesimo datore e lavoratore. Si differenzia dalla proroga che è la mera prosecuzione del rapporto già in essere fra le stesse parti.

In caso di  rinnovo è sempre necessario inserire una delle causali giustificative. In difetto il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

Fanno eccezione i contratti stagionali che possono essere rinnovati senza causali giustificative.

 

Rinnovo e stop and go

Il rinnovo del contratto a termine è sottoposto anche al c.d. stop and go. Vediamo di cosa si tratta.

Fra la conclusione di un contratto a termine e la stipula del successivo fra le stesse parti devono intercorrere i seguenti intervalli di tempo:

  • 10 gg. in caso di contratto di durata non superiore a 6 mesi;
  • 20 gg. in caso di contratto di durata superiore a 6 mesi.

Qualora le “pause” fra un contratto e l’altro non vengano rispettate il secondo rapporto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

La regola dello stop and go non trova applicazione in materia di contratti stagionali individuati dal DPR 1525/1963 nonchè nelle ipotesi indicate dalla contrattazione collettiva.

 

Proroga

La proroga è la prosecuzione di un contratto già in essere fra le parti.

Il contratto può esser prorogato liberamente fra le parti nei primi dodici mesi. Superato tale limite è necessario inserire una causale giustificativa. In mancanza, il rapporto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

Esempio. Tizio stipula con Alfa s.r.l. un contratto a termine di 3 mesi. In caso di proroga di ulteriori 3 mesi (totale durata: 6 mesi) nessuna causale è richiesta. Qualora intervenga una 3° proroga per ulteriori 10 mesi (totale durata: 16 mesi) dovrà essere inserita una causale giustificativa.

Fanno eccezione i contratti stagionali che son prorogabili senza causali giustificative.

Sono consentite al massimo 4 proroghe del contratto a termine che comunque, nel complesso, non può superare i 24 mesi.

Il contratto a termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato a partire dalla data della quinta proroga.

 

Imprese start – up innovative

La disciplina in materia di rinnovi e proroghe dei contratti a termine non trova applicazione alle c.d. start-up innovative (art. 21, comma 3, D.lgs. 81/2015).

Trattasi di imprese per le quali è prevista una disciplina di favore (v. art. 25, commi 2 e 3, d.lg. 179/2012).

 

Numero complessivo di contratti a termine

La legge stabilisce che un datore di lavoro non può assumere lavoratori a termine in misura superiore al 20% dell’organico complessivo dell’azienda.

L’organico (numero totale di lavoratori a tempo indeterminato) si valuta al 1 gennaio dell’anno di assunzione ovvero al momento dell’assunzione se l’azienda è di nuova costituzione.

Sono fatte salve particolari disposizioni della contrattazione collettiva (che quindi può prevedere una percentuale più favorevole al dipendente).

L’azienda che occupa fino a 5 dipendenti può stipulare almeno un contratto a termine.

Il limite del 20% dell’organico (ovvero la diversa misura stabilita dalla contrattazione collettiva) non vale nei seguenti casi:

  • fase di avvio di nuova attività
  • imprese start up innovative, che dunque sono sottratte anche a tale vincoli oltre a quelli in tema di rinnovi e proroghe previsti dall’art. 21 della legge.
  • attività stagionali;
  • specifici spettacoli o programmi radio o tv;
  • sostituzione di lavoratori;
  • lavoratori di età superiore a 50 anni;
  • contratti stipulati fra università ed enti di ricerca per attività di insegnamento e ricerca (v. il dettaglio all’art. 23, comma 3, d.lgs. 81/2015). I contratti che hanno finalità di ricerca scientifica,peraltro, possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca;

Se l’azienda assume lavoratori in numero maggiore alla percentuale di legge (o del contratto collettivo) il lavoratore non può chiedere la trasformazione del contratto. E’ prevista però una sanzione amministrativa a carico dell’azienda per ciascun lavoratore in misura proporzionale alla retribuzione (v. art. 23, comma 4, d.lgs. 81/2015).

 

Diritto di precedenza

Salvo diversa disposizione del contratti collettivi il lavoratore a termine ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato se:

  • ha una anzianità superiore a 6 mesi presso il datore di lavoro (si sommano i periodi se più sono stati i contratti);
  • se l’assunzione a tempo indeterminato viene effettuata entro 12 mesi dalla risoluzione del contratto a termine;
  • se l’assunzione a tempo indeterminato è relativa alle stesse mansioni già espletata con il contratto a termine;
  • il lavoratore manifesta  per iscritto la propria volontà entro 6 mesi dalla di cessazione del rapporto.

Il diritto di precedenza si estingue trascorso un anno dalla risoluzione del rapporto.

Diritto di precedenza: congedo di maternità

  • Particolare disciplina è riservata al diritto di precedenza in caso di congedo di maternità:
  • anzitutto il congedo si cumula al fine di determinare l’anzianità di servizio (6 mesi) utile a godere del diritto di precedenza;
  • alle lavoratrici in congedo è riconosciuto il diritto di precedenza anche nelle assunzioni a tempo determinato (e non solo indeterminato) effettuate dal datore entro i 12 mesi successivi sempre con riferimento alle mansioni già svolte;
  • anche in questo caso il diritto è subordinato alla manifestazione per iscritto di volontà della lavoratrice entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto e si estingue dopo 12 mesi dalla cessazione medesima.

 

Diritto di precedenza: lavoratori stagionali

Il lavoratore stagionale ha diritto di precedenza rispetto alle successive assunzioni a tempo determinato da parte del medesimo datore e per le stesse mansioni.

La manifestazione di volontà del dipendente deve avvenire in questo caso entro 3 mesi (e non 6 come sopra) dalla cessazione del vincolo e comunque si estingue entro un anno dalla risoluzione.

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DIRITTO DI PRECEDENZA ED APPRENDISTATO. Il Ministero (Nota 8/8/2017) ha chiarito che non viola il diritto di precedenza la prosecuzione del rapporto alla fine del periodo di apprendistato.

Principio di non discriminazione

Il lavoratore a termine ha diritto ad un trattamento economico e normativo pari a quello degli altri lavoratori a tempo indeterminato “comparabili” (ossia quelli che sono inquadrati allo stesso livello) e proporzionalmente al periodo di lavoro prestato. Fa eccezione il caso in cui il trattamento sia incompatibile con la natura del contratto a termine.

Se il datore viola questa norma è soggetto ad una sanzione amministrativa (aumentata nel caso in cui l’infrazioni riguardi più di 5 lavoratori – v. art. 25, d.lgs. 81/2015 – sul tema v. Cass. n. 26007/2015).

 

Computo

Numerose norme legali e contrattuali prevedono il computo dei lavoratori al fine di determinare l’organico dell’azienda (es. ai fini della tutela sul licenziamento v. art. 18 L. 300/1970).

I lavoratori a termine vengono computati nell’organico aziendale come segue: si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi 2 anni sulla base dell’effettiva durata dei rispettivi rapporti.

Sono fatte salve disposizioni speciali.

 

Diritto di informazione

Il datore di lavoro è tenuto ad informare i lavoratori a tempo determinato e le r.s.a. (rappresentanze sindacali aziendali) ovvero le r.s.u. (rappresentanze sindacali unitarie) circa i posti vacanti nell’impresa secondo quanto disposto dai contratti collettivi.

 

Esclusioni

La disciplina ora analizzata in tema di contratto a termine non si applica ad alcune categorie di rapporti che sono rette da norme specifiche. Esse sono elencate all’art. 29 del d.lgs. 81/2015:

  • lavoratori assunti a termine dalla mobilità;
  • rapporti a termine in agricoltura;
  • i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco;
  • i dirigenti (i cui contratti non possono durare più di 5 anni, salvo recesso  del dirigente dopo un periodo di 3 anni nel rispetto del preavviso);
  • personale docente ed ATA per le supplenze e personale sanitario anche dirigente;
  • contratti stipulati con le università ai sensi della l. 240/2010

La normativa si applica parzialmente al personale artistico e tecnico delle Fondazioni di produzione musicale.

 

Risoluzione del rapporto

Il contratto a termine può essere interrotto prima della sua scadenza solo per le seguenti ragioni:

  • risoluzione consensuale;
  • dimissioni;
  • recesso per giusta causa.

E’ essenziale quindi rilevare che il contratto a tempo determinato non può interrompersi per giustificato motivo oggettivo o comunque per ragioni connesse all’organizzazione o al funzionamento dell’impresa.

Al di fuori delle ipotesi ora elencate, se il datore di lavoro intenda recedere dal vincolo in anticipo, sarà tenuto al risarcire il danno nella misura delle retribuzioni perdute dal dipendente fino alla naturale scadenza.

Esempio: contratto a termine di 10 mesi. Il datore di lavoro recede dopo 4 mesi in assenza di giusta causa: l’azienda sarà tenuta a versare un risarcimento di 6 mensilità.

Contratto a termine e P.A.

La norma di riferimento in tema di contratti a termine con la Pubblica Amministrazione è l’art. 36 d.lgs. 165/2001.

E’ importante ricordare che in caso di violazione da parte della P.A. della normativa in tema di contratto a tempo determinato è escluso il diritto del lavoratore alla conversione del rapporto in vincolo a tempo indeterminato.

Il lavoratore può agire solo per il risarcimento del danno e la P.A. deve recuperare le somme pagate per tali ragioni dai dirigenti responsabili (v. Cass. Sez. Un.5072/2016 e di recente Cass. 3064/2020).

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Cass. civ., sez. un., 15-03-2016, n. 5072. In materia di pubblico impiego privatizzato, in caso di abusiva reiterazione di contratti a termine il danno non deriva dalla mancata conversione del rapporto, legittimamente esclusa sia secondo i parametri costituzionali, sia per quelli europei, bensì dalla prestazione in violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte della pubblica amministrazione, risultando, di norma, configurabile come perdita di chance di un’occupazione alternativa migliore, ed è risarcibile, con esonero dall’onere probatorio, nella misura e nei limiti di cui all’art. 32, 5º comma, l. 183/10.

Cass., civ., 10 febbraio 2020, n. 3064 (in motivazione). Questa Corte in epoca successiva al suddetto arresto ha precisato (Cassazione civile sez. lav., 02/03/2017, n. 5319; Cassazione civile sez. VI, 20/07/2018, n. 19454) che nel lavoro pubblico contrattualizzato il ricorso alla disciplina di cui alla L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 5, al fine di agevolare l’onere probatorio del danno conseguente all’illegittima reiterazione di rapporti a termine, si giustifica con la necessita’ di garantire efficacia dissuasiva alla clausola 5 dell’Accordo quadro, allegato alla direttiva 1999/70/CE, che concerne la prevenzione degli abusi derivanti dalla successione di contratti a termine e che, pertanto, la presunzione non puo’ trovare applicazione nelle ipotesi in cui l’illegittimita’ concerna l’apposizione del termine ad un unico contratto di lavoro. 6. Da tale ipotesi va tuttavia distinto il caso in cui siano intervenute una o piu’ proroghe del termine illegittimo apposto all’unico contratto di lavoro, come pure chiarito da questa Corte (Cass. sez. lav. 28 febbraio 2017 n. 5229; sez. lav. 13/03/2017, n. 6413; sez. VI n. 23945/2018). 7. La illegittimita’ del termine originario determina infatti ex se, indipendentemente da ulteriori verifiche, l’ illegittimita’ della proroga, in questo essa trova la sua causa nella attribuzione di ulteriori effetti nel tempo ad un termine invalido. 8. La proroga costituisce, dunque, una condotta successiva che reitera la illegittimita’ della iniziale apposizione del termine; sotto il profilo comunitario si qualifica, pertanto, come abusiva successione dell’utilizzo del contratto a termine, sanzionata dalla clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE. 9. Ne deriva che in caso di illegittimita’ del termine originario apposto al contratto di lavoro concluso con la pubblica amministrazione ove il termine illegittimo venga prorogato il lavoratore che propone la azione risarcitoria Decreto Legislativo n. 165 del 2001, ex articolo 36 e’ assistito dalla presunzione di danno (in relazione alla perdita di chances di altre occasioni di lavoro stabile) codificata dalla L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 5, per il lavoro privato, ferma restando la sua possibilita’ di provare, assumendone il relativo onere, di avere subito danni ulteriori.

In tema di contratto a termine post Decreto dignità vedi qui le slide riassuntive: contratto.a.termine.2019.slides

Sul tema v. anche Contratto a termine nullo: le tutele

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